L’Orologio astronomico di Bartolomeo Manfredi

La Torre dell’Orologio, l’unica torre di Mantova per ora visitabile. Fu innalzata in piazza Erbe, addossata al medievale Palazzo della Ragione, su progetto di Luca Fancelli, tra il 1472 e il 1473. Il committente era il marchese Ludovico II Gonzaga, il principe architetto, che intendeva così collocare nel centro della città mercantile un nuovo importantissimo simbolo del suo potere e della sua cultura innovativa.

Nel 1600 l’edificio subì delle modifiche: l’architetto di corte, Anton Maria Viani, vi aggiunse dapprima il coronamento (1612) e poi la nicchia che ospita la statua della Vergine (1639). La torre dà l’accesso al piano superiore del Palazzo della Ragione, l’antico Palatium Novum, costruito nel 1250 e, dall’aula del Palazzo, si può accedere ai meccanismi dell’orologio astronomico, che fu installato nel dicembre 1473 da Bartolomeo Manfredi. Occorre tener presente che allora le persone non utilizzavano orologi e tanto meno cellulari o PC per avere informazioni sul tempo: si guardava il sole, si sentivano le campane e si utilizzava, come dire, un orologio collettivo. L’orologio che noi vediamo in Piazza Erbe era particolarmente complesso e dava molte informazioni. Per essere un orologio degno di tal nome, come scriveva Pietroadamo nel Quattrocento, doveva avere «otto effetti»:
El primo è di sapere quante hore sono secundo el vulgo,
El secundo di sapere, anci, vedere continuamente in qual signo zodiacale et in qual grado serà il Sole;
El terzo di sapere et vedere similmente in qual signo et grado sera’ continuamente la Luna
El quarto era di mostrare una carta del cielo materializzata con ascendente…
El quinto effetto di sapere qual pianeta regna qualunque hora…
El sexto effetto è di sapere le hore particulari de’ Mantuani, cioè la campana dal dì mattutino, (ovvero l’Avemaria del mattino, che si suonava con la squilla, la campana più piccola del campanile), l’Offitiala da matina (si suonava al sorgere del Sole), la Terza (si suonava a metà mattina), la Nona (si suonava a mezzodì…).
El septimo effetto è di sapere le ore d’i astrologi, cioè quante hore siano passate doppo el mezo dì.
L’octavo et ultimo effetto è di sapere continuamente quanto sia longo el di et la note da ogni tempo.
Va tenuto presente che mentre oggi si considera “giorno” il periodo di ventiquattro ore che va da una mezzanotte all’altra, allora il giorno andava da un tramonto all’altro o a circa mezz’ora dopo, quando si suonava l’Avemaria. La prima ora del nuovo giorno era dunque la prima ora di notte, e mutava con il graduale variare delle stagioni.
Bartolomeo Manfredi, detto anche “dell’Orologio”, colui che installò l’orologio, era matematico e astrologo, “figlio d’arte” perché il padre aveva già costruito in città un orologio pubblico. Bartolomeo, “era inteligento“, scrisse il cronista contemporaneo Andrea da Schivenoglia, “e se deletava de astrologia“, arte cui era stato iniziato da Vittorino da Feltre, in Ca’ Zoiosa.
Pietro Adamo de’ Micheli era invece un illustre giureconsulto e letterato mantovano, che, tra l’altro, introdusse a Mantova la stampa nel 1471 e che ci ha lasciato la seguente preziosa descrizione dell’orologio:
Rivolto verso Nord-Ovest l’orologio ha l’oriente a sinistra, verso la reggia del principe. Una tettoia di marmo (originale) ripara il quadrante, ch’era coronato di dodici tondi contenenti i ritratti di altrettanti famosi et doctissimi homini“. Il quadrante è incorniciato da un festone costituito da un ramo d’alloro con bacche dorate.
Oltre alle ore erano riportati i segni zodiacali, le ore planetarie, i giorni della Luna, la posizione degli astri, utile a sapere se un certo momento della giornata era o no sotto l’influsso di pianeti favorevoli. Fatto certo è che a questo orologio tutta la città si rivolgeva, non solo per orientarsi sulle ore ma anche per ricevere informazioni e responsi sull’andamento del clima e delle stagioni, sui giorni favorevoli e non, sull’opportunità di fare o non fare certe scelte di tipo quotidiano e lavorativo.
Nel tempo, purtroppo, il meccanismo si guastò e conseguentemente seguirono anni di degrado. Solo circa quindici anni fa si è provveduto ad un restauro che ha reso il meccanismo di nuovo funzionante e da qualche anno è stato realizzato all’interno della Torre un interessante piccolo “Museo del Tempo e della sua Misura”.

Qui sotto è possibile scaricare il pdf dei materiali relativi all’allestimento interno del Museo del Tempo e della sua Misura.

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La barca della sensa

IL BURCHIELLO DELL’ASCENSIONE

Nella Historia Ecclesiastica mantovana, datata 1612, lo storico Ippolito Donesmondi, racconta che durante la festività della Sensa, in dialetto Ascensione, a Mantova si svolgeva una festa popolare, che coinvolgeva anche la reliquia del Sangue di Gesù.

Alla vigilia dell’Ascensione, dopo la preghiera del Vespro, il Vescovo mostrava al popolo la reliquia, benedicendo i cittadini.

Il giorno dopo una processione formata dai rappresentanti delle cariche più alte della città – Magistrati, Medici, Notai, Dottori – procedeva dalla Cattedrale di San Pietro a Sant’Andrea.

A seguire sfilavano i rappresentati delle Arti (confraternite dei mestieri) della città.

L’Arte dei Pescatori, che sul proprio gonfalone rappresentava un “bartavello con entro un bulbaro” (una reta da pesca e una carpa) diveniva la protagonista del corteo, inscenando una allegoria vera e propria: dodici uomini trasportavano a spalla un burchiello (imbarcazione utilizzata per la pesca fluviale) entro il quale altri tre pescatori, impersonando gli apostoli Pietro, Giovanni e Andrea, lanciavano alla popolazione, anguille e altri pesci in segno di omaggio e prosperità.

Persino chi assisteva alla cerimonia dalle finestre, con un po’ di abilità, poteva afferrare al volo un pesce!

Anche da ciò, comprendiamo il grande attaccamento e la forte devozione popolare suscitati dalla Reliquie del Preziosissimo Sangue di Gesù.

Baldassar Castiglioni

“Chi non sa che senza le donne sentir non si po contento o satisfazione alcuna in tutta questa nostra vita, la quale senza esse saria rustica e priva d’ogni dolcezza e piú aspera che quella dell’alpestre fiere? Chi non sa che le donne sole levano de’ nostri cori tutti li vili e bassi pensieri, gli affanni, le miserie e quelle turbide tristezze che cosí spesso loro sono compagne?”
Il Cortegiano, 1528

 

 

Baldassare Castiglioni, nato in provincia di Mantova nel 1478 e morto a Toledo nel 1529, resta uno dei letterati più celebri e apprezzati del Rinascimento.
Questo passo, tratto dal terzo libro de Il Cortegiano, la sua opera più nota, esalta la figura della Donna, compagna perfetta e insostituibile del gentiluomo di corte.
E molto importante furono le personalità femminili che Baldassarre ebbe al suo fianco, nei vari momenti della sua vita.
A partire dalla madre, Aloisia Gonzaga, appartenente ad un ramo cadetto della famiglia mantovana, dalla quale ereditò la passione e l’abilità per la materia politica.
La sorella, Polissena Castiglioni, fu la madre di Isabella Boschetti, protagonista di un legame d’amore indissolubile con il marchese Federico Gonzaga.
E infine, l’amata moglie Ippolita Torelli, nobildonna e poetessa bolognese che sposò giovanissima, quando la fanciulla aveva solo 17 anni, nel 1516.
Ippolita morì di parto nel 1520, dando alla luce il terzo figlio. E tale fu il dolore e lo sgomento per questa perdita, che il Castiglione prese i voti. Abbandonò cosi la vita secolare, ma non quella politica, la sua vera, grande passione, divenendo nunzio apostolico a Toledo.

DA VEDERE:
Palazzo D’Arco (Mantova), Ritratto di Baldassarre Castiglioni (copia) di Raffaello
Santuario di Santa Maria delle Grazie (Curtatone – MN), sepoltura allestita da Giulio Romano con epitaffio di Pietro Bembo.

Mantua Carpetana

A questo proposito… forse non tutti i mantovani sanno che un’altra città, oggi molto più grande e popolata di Mantova, si chiamava Mantua Carpetana: Madrid.
Leggenda vuole che Ocno, il figlio dell’indovina Manto, che chiamò la nostra città con il nome dell’amata madre, una notte ricevette in sogno Apollo.
Il dio gli chiese di intraprendere un viaggio verso occidente, per andare a salutare il Sole calante.
Dopo un viaggio lungo 10 anni il giovane giunse nella terra degli orsi dove gli animali erano resi docili e mansueti dalla facilità a trovare il loro cibo preferito, i corbezzoli. Stanco per il lungo viaggio, Ocno si addormentò e di nuovo Apollo gli apparve in sogno: questa volta chiedendogli di fondare lì, dove si trovava, una nuova città.
Ocno obbedì e, in memoria della madre, di nuovo chiamò la città Mantua. Per distinguerla dalla precedente, la nostra, aggiunse però il nome dei Carpetani, tranquilli pastori che lo accolsero volentieri.
E così, nacque Mantua Carpetana, che divenne poi Madrid mutando tante volte il nome, ma conservando sempre nell’appassionata memoria spagnola, il ricordo di un giovane uomo, che in onore dell’amata madre, dedicò al suo ricordo addirittura due città.